31 ottobre 2018

Stelle letterarie - Scorpione


Cosa potrebbe ispirare ai nati dello Scorpione questo autunnale progredire delle tenebre e strisciare di brume? Che strana alchimia di gioia e sconforto potrebbe riversarsi nelle pagine scritte da un autore segnato da questo periodo dell’anno in cui le dispense sono piene, la natura si tinge di mille colori, ma il freddo inizia a pungere, le braci scoppiettano nel camino mentre il buio arriva sempre troppo presto?

È forse un caso che Bram Stoker, l’autore di Dracula, sia nato sotto questo segno, il 7 novembre 1847? Ed è ancora un caso che anche l’autore del Dr. Jeckyll e di Mr. Hyde, Robert Louis Stevenson, sia nato il 13 novembre 1850? … Paura eh! … ah già, anche Carlo Lucarelli è uno Scorpione, lui e il suo “Blu notte”, lui e i suoi thriller. Mancherebbe all’appello il padre dell’horror, Edgard Allan Poe, che in Scorpione aveva “solo” l’ascendente e che, da buon Capricorno, non prevedeva nessun riscatto al male.

Ma quello che interessa davvero allo Scorpione è il crimine, la sua nascita, il suo svilupparsi, l’intelligenza e le passioni che vi stanno dietro, ma in questo segno brilla sempre una scintilla, quella di una vita alternativa in cui l’eroe deve esistere, anche (soprattutto) quando è negativo. Si potrebbe dire che lo Scorpione è il segno dell’Antagonista, è il responsabile di quelle Tenebre senza le quali nessun eroe luminoso potrebbe distinguersi. Negli autori scorpionici è profondo l’interesse per quelle ombre dell’animo umano che portano a compiere azioni efferate. Questo segno è l’unico dello Zodiaco che riesce a guardare il mostro negli occhi. È l’unico che fa del mostro il suo protagonista, l’unico che riesce a ribaltare la prospettiva tra il Bene e il Male insinuando nella mente del lettore che non sempre le cose stanno come appaiono.

Anche quando si tratta di un autore per bambini, come Gianni Rodari, lo Scorpione ribalta i canoni morali, sovverte il mondo e racconta le “Favole a rovescio”:

C’era una volta
un povero lupacchiotto
che portava alla nonna
la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco
dov’è più fosco
incappò nel terribile
Cappuccetto Rosso,
armato di trombone
come il brigante Gasparone…
Quel che successe poi,
indovinatelo voi.

Ciò che contraddistingue gli autori di questo segno, è il senso della tragedia, delle passioni che sconvolgono la mente, la “perdizione”, certo anche il sesso, che però non si esprime mai così direttamente come ci si potrebbe aspettare, ma prende vie traverse e usa metafore. Quello che invece balza in primo piano è proprio una differente prospettiva sul Male come nei romanzi dello Scorpione Feodor Dostoevskij , che già dai titoli (“Memorie dal sottosuolo”, “Delitto e castigo”, “L’idiota”, “I demoni”, “Memorie dalla casa dei morti”) raccontano come tutto venga ribaltato e come l’interesse sia rivolto al dannato, all’invisibile , e in quelli di Friedrich Schiller, che sceglie come eroi dei “Masnadieri” o di quelli di Stevenson con i suoi pirati crudeli e sanguinari.
Sono i ribelli che lo Scorpione ama e racconta, coloro che, reietti della società scelgono di andare a fondo con la stessa caparbietà di un eroe positivo, portando il peso di tutto ciò che il mondo condanna.
Così scrive Dostoevskij: “Ci sono nella vita degli uomini dei momenti storici, in cui una scelleratezza evidente, sfacciata, volgarissima può venir considerata nient’altro che grandezza d’animo, nient’altro che nobile coraggio dell’umanità che si libera dalle catene.”
Ecco il nucleo dell’ispirazione scorpionica.
Tuttavia non bisogna dimenticare il guizzo sarcastico, il lampo di genio umoristico che questo ribaltamento produce in moltissimi scrittori appartenenti al Segno. Uno per tutti il poeta dialettale Trilussa, che già nella scelta di un linguaggio “volgare” per un opera aulica, si dimostra scorpione doc, e che fustiga i benpensanti con allegra crudeltà, affinché il pensiero piatto della maggioranza, incapace di elevarsi, riesca almeno ad affondare nelle paludi del Male per accorgersi di cosa sia davvero il Bene, poiché la vera colpa per uno Scorpione è la banalità.

La tartaruga
Mentre una notte se n’annava a spasso,
la vecchia tartaruga fece er passo più lungo
de la gamba e cascò giù
cò la casa vortata sottoinsù.
Un rospo je strillò: “Scema che sei!
Queste sò scappatelle che costeno la pelle…”
- lo so – rispose lei – ma prima de morì,
vedo le stelle.
(Trilussa)

© riproduzione riservata: immagini Fototeca Storica Gilardi - idea e testi Stefania Lucarelli

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